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Attualità

Carenze farmaci, come si devono attivare i medici prescrittori

La mancanza di alcuni principi attivi in Italia, in particolare il Sinemet per i parkinsoniani, ma anche di altri segnalati dalle farmacie e dalle associazioni di pazienti, hanno riacceso i riflettori sulle carenze di medicinali. Sul Sinemet, in particolare, l’associazione dei pazienti parkinsoniani ha ricordato che costa così poco che neanche c’è un generico; forse proprio per questo non si trova più in farmacia, mentre c’è all’estero, dove costa anche il triplo. L’Agenzia del farmaco (Aifa) ha assicurato una tempestiva azione sull’azienda produttrice e per ora ha bloccato le esportazioni da parte dei grossisti informando sulle confezioni disponibili, per quanto con discontinuità. Ma cosa accade quando il paziente non trova il farmaco prescritto? E come si attiva il medico prescrittore?
Lo abbiamo chiesto a Saffi Ettore Giustini, medico di famiglia e responsabile Area farmaco della Società italiana di Medicina Generale Simg.

Ma se in Italia perdessimo medicinali fondamentali, quali scenari si aprirebbero per chi i farmaci li prescrive come il medico di famiglia?
«Nel caso del Sinemet, sembra esserci un problema di produzione non difficile da risolvere, a meno che il blocco non si debba alla necessità di adeguare prezzi di farmaci a basso costo. In tal caso, si potrebbe anche pensare a consentirne la produzione all’Istituto Chimico Farmaceutico Militare di Firenze. Solo di rado – per qualche cortisonico – si è assistito al ritiro dal mercato di prodotti senza un reale equivalente». Giustini, toscano, ammette di non aver vissuto gravi indisponibilità, ma ricorda «carenze recenti di principi come il Valsartan – c’era un solo equivalente in commercio – e i conseguenti disagi».

Il medico da chi viene a sapere se manca un farmaco o un vaccino?
«E’ il paziente a segnalarlo, in genere di ritorno dalla farmacia. Noi sappiamo che per rifornire una farmacia territoriale in casi complessi ma risolvibili, non rari, ci vogliono in media 15 giorni. Spesso il medicinale che prescriviamo non è l’unico della classe e si può sostituire. Mi è capitato di telefonare a farmacisti per valutare la situazione o di richiamare il farmacista del mio paziente e proporgli, proprio nel caso dei sartani, un elenco dei principi attivi con efficacia simile. A volte è sufficiente, conoscendo i dati di efficacia, fare un’equivalenza a livello di multi-grammatura per sostituire un principio attivo mancante con uno con proprietà terapeutiche di fatto equivalenti. Di questi tempi osservo che tra gli antibiotici manca l’ampicillina capsule, una “hit” di 30 anni fa, ma può capitare, ad esempio, che l’antibiogramma in un’infezione urinaria la indichi come principio elettivo per il paziente resistente a fluorchinolonici. In questi casi si può utilizzare l’amoxicillina, ma di fronte a resistenze intermedie il medico alzerà i dosaggi e dovrà giostrarsi tra le equivalenze, non solo farmaceutiche ma anche aritmetiche, proporzionando le dosi al peso del paziente. L’ABC della farmacologia ci insegna a destreggiarci. Tra i vaccini ho seguito le vicissitudini dell’anti-tetano, da solo non si trova; nell’area mia tra Prato e Pistoia, zona del tessile, c’è ma al bisogno va chiesto alla farmacia ospedaliera».

La carenza può essere determinata da eccesso di domanda?
«Sì, specie per prodotti di non largo uso di cui il farmacista tiene scorte minime. Ho trattato a domicilio del paziente infezioni con farmaci ospedalieri somministrabili da infermieri sotto la supervisione specialistica. Per un’osteomielite sovente si deve ospedalizzare ma in dimissione dovendo praticare 2 iniezioni al giorno per 10 giorni è essenziale collaborare con l’infettivologo. In passato ho fatto spedire il prodotto nella farmacia abituale del paziente o a casa sua. In altri casi è la stessa farmacia a venirmi incontro, a procurare il medicinale e spiegare come si somministra assumendosi un ruolo di supporto terapeutico».

Il Dl Calabria estende da 2 a 4 mesi l’anticipo con cui l’industria deve dichiarare ad Aifa l’intento temporaneo o definitivo di togliere un farmaco dal commercio. Il presidente Federfarma Servizi Antonello Mirone in merito ha implicitamente confermato che le carenze restano una piaga.
«L’anticipo con cui un’industria avverte del ritiro di un farmaco è meno decisivo del fatto di avere sul mercato alternative parimenti efficaci», dice Giustini. «Il problema è se l’alternativa costa molto di più. Sono dinamiche che tagliano fuori il medico di famiglia. Serve una contrattazione “forte” da parte dell’Aifa con le aziende, e serve un tavolo della medicina generale per la prescrizione specialistica, i cui indirizzi siano tesi ad evitare che ogni regione si comporti come vuole in ambito distributivo. Richiamerei infine l’attenzione sulla scarsa accessibilità “relativa” di alcuni farmaci, ugualmente deleteria per il paziente. Come l’obbligo di piano terapeutico per farmaci di prima scelta nel diabete che combattono la patologia all’insorgenza ma che noi medici di famiglia non possiamo prescrivere: si traduce per il paziente in tanta burocrazia».

Mauro Miserendino Doctor33 28 maggio 2019

30 Maggio 2019